Uccellini dell'anima

 

Vidagdha Bennet

Dedicarsi ad una cosa sola nella vita, un solo nobile progetto, con tutto se stesso, mostrando un’intensità che esclude tutto il resto – quanti possono mantenere un

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tale proposito? Forse la stessa definizione di genio può essere una persona presa da un unico scopo che la consuma, da una magnifica fissazione da seguire fino al suo estremo. L’ispirazione di solito va incontro all’artista con diverse tonalità e colori, ma in alcuni casi si ripete sempre nella stessa forma, costringendoli ad esplorare e a celebrare lo stesso tema senza aver fine.

 

Era Van Gogh a rivelare, “I cipressi sono sempre nei miei pensieri”. E così Monet, “Questi paesaggi d’acqua e riflessi sono diventati un’ossessione”. Altrettanto si potrebbe dire di Sri Chinmoy, che ha superato quindici milioni di uccellini disegnati.

Nel suo caso iniziò tutto in sordina, in una vacanza a Malta nel dicembre del 1991 con alcuni suoi studenti. Un giorno prese una piccola rubrica telefonica squadrata e rapidamente disegnò con una penna a sfera un singolo uccellino per ogni pagina. Non c’era l’intenzione di rendere in maniera accurata l’anatomia e le forme degli uccelli, ma di trasmetterne l’essenza. C’era il suggerimento di diverse specie: il lungo collo del cigno, la rotonda morbidezza del pappagallo, la cresta orgogliosa del gallo, il lungo becco del martin pescatore. C’erano uccelli in volo, uccelli incurvati in avanti o accennati dietro la curva di un’ala.

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Con l’evoluzione di tale esplorazione, Sri Chinmoy iniziò a creare paesaggi di soli uccellini. Nel corso degli anni, arrivò a disegnare migliaia di uccellini al giorno, usando evidenziatori, pastelli, penne colorate e acrilici, ma la forma di per sé rimase costante.

Il disegno era veloce e senza correzioni, e infatti la scelta meditata su una linea interrotta, la correzione di un tratto, il riempire di colore gli spazi, il disegnare un’ombra erano attività a lui estranee.

In questo c’è una gran somiglianza con l’arte calligrafica orientale: una lunga meditazione prima di muovere il pennello sulla carta, poi il disegno, con un unico gesto privo di interruzioni.

E infatti anche Sri Chinmoy applicava un analogo approccio meditativo. Allla domanda, “Hai in mente un uccellino quando disegni?”, l’autore rispondeva, “ Non ho nulla in mente. Cerco di mantenere la mia mente vuota e tranquilla, il più possibile. La mente in superficie è come il mare, piena di onde e di schiuma, è completamente agitata. Quando invece ci tuffiamo dentro di noi, troviamo ancora il mare, ma è completamente tranquillo: lì troveremo anche la sorgente della creatività.”

Questi uccellino, posseggono un’intrigante semplicità, un’incredibile purezza grafica nel loro aspetto. Apparentemente piatti sul foglio, mancano di prospettiva e tuttavia non sono statici. C’è un ritmo musicale nella loro posizione, negli spazi, nelle interlinee.

Il grande filosofo Lao Tzu scriveva, “Trenta raggi convergono sul mozzo, ma è lo spazio intermedio che esprime l’essenza della ruota… E’ così di regola. La parte materiale dà l’utilità, la parte immateriale l’essenza.”

Così anche Sri Chinmoy cattura l’essenza delimitando lo spazio con linee ora sinuose, ora allungate, ora spigolose, ora tratteggiate. Il movimento stesso sembra trasferirsi dalla mano dell’artista alla figura, che pare pulsare di vita propria.

Gli uccellini non vengono vincolati al foglio da da uno sfondo di dettagli, ma vivono nello stesso spazio bianco di cui sono fatti.

Più volte interrogato sull’argomento, l’autore così spiegava il significato della sua arte:

“Io sono un uomo di preghiera e di meditazione e per me, gli uccelli hanno un significato spirituale molto speciale. Nel vederli volare nel cielo, completamente liberi, mi ricordano la libertà senza limiti dell’anima. Pensando agli uccelli, possiamo così ricordarci della nostra origine spirituale, il paradiso da cui l’anima è venuta, e ottenere un’incredibile gioia. Sento che la gente che verrà a vedere questi uccellini, potrà saziare la fame interiore di volare in un cielo di infinita libertà.”

Diceva anche sulla relazione tra libertà interiore e pace:

“Ogni uccellino mi ricorda la mia libertà, una libertà che deriva dalla pace e da nient’altro”.

In una lettera scritta a Sri Chinmoy da Yehudi Menuhin in occasione del completamento del primo milione di uccellini, quest’ultimo annotava:

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“E’ così bello che tu, che hai un così gran seguito, possalasciare in ereditàper il mondo di così tanti disegni e bozzetti. Siamo così viziati dalla fotografia che abbiamo dimenticato come gli antichi viaggiatori registrassero le loro impressioni su un diario, graficamente e testualmente. Mi congratulo per questo meraviglioso risultato che trasporta noi uomini, desiderosi di avere le ali, agli uccelli che vorremmo emulare.”

Traduzione di Davide T.