Sport e meditazione

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Nello yoga di Sri Chinmoy, lo sport inteso come attività sportiva in genere, ha un ruolo molto importante nel cammino spirituale. Dal punto di vista teorico, Sri Chinmoy si riallaccia al concetto di yoga integrale sviluppato da Sri Aurobindo, che prevede una perfezione spirituale anche per il corpo fisico. Tale perfezione però non è una rapida meta, in quanto solo dopo l’avvenuta illuminazione interiore, un movimento dell’anima può perfezionare prima la mente, poi le emozioni ed infine il fisico. Quale può essere pertanto il ruolo di un’attività fisica nella prima fase del cammino? Una prima risposta – supportata da quanto diceva il Maestro, è la necessità della salute fisica nella spiritualità, in quanto indubbio che in condizioni di malessere diventa ancora più difficile interiorizzarsi e procedere verso l’illuminazione. Una cattiva salute ostacola anche la capacità di agire, che pure è uno strumento di illuminazione se volto ad un abbandono interiore, nello spirito del karma yoga classico.

Tuttavia, non si chiarisce così l’esigenza – incoraggiata dal Maestro e sentita da molti suoi studenti – di partecipare in sport di resistenza estrema, quali ultramaratone, nuoto e ciclismo su grandi distanze, per ottenere una buona salute. Per questo occorre rifarsi l’ideale di educazione sportiva che viene sottinteso.

Lo sport è visto infatti non solo come un’attività fisica, ma anche come un campo esperienziale di utili capacità quali entusiasmo, pazienza, concentrazione e addirittura pace interiore. Lo sport diventa pertanto complementare alla meditazione, in quanto sviluppa la personalità in una direzione favorevole alla vita spirituale, nella quale spesso si ritrovano ostacoli interiori da superare.

Ancora, l’attività sportiva non è limitata nemmeno ad un concetto educativo: l’esperienza dell’auto-trascendenza, invocata frequentemente da Sri Chinmoy come il vero spirito dello sport, può illuminare la questione.

L’auto-trascendenza è infatti un’esperienza che cresce di pari passo con l’abbandono, vera chiave di questo yoga. L’auto-trascendeza si realizza con un abbandono delle proprie limitazioni al Divino in noi e in questo processo non c’è soluzione di continuità tra prima e dopo l’illuminazione interiore. Prima con l’abbandono si procede verso la perfezione interiore, poi con l’abbandono si trasferisce tale perfezione al corpo fisico: l’illuminazione cessa di essere pertanto una cesura nel sentiero yoga e diventa una mera tappa del cammino.

E’ per questo che meditazione e sport non possono che essere due facce della stessa medaglia, due aspetti complementari dello yoga di Sri Chinnoy.

Davide T.